Parla la presidente della rete di associazioni pugliesi «A.Ma.Re», Scaringella
La normativa abbonda, ma le parole restano d’inchiostro. I fatti parlano di altro. La Puglia risulta una delle poche regioni ad aver recepito il «Piano nazionale malattie rare», approvato ad ottobre 2014, attraverso la delibera di Giunta 158 del 2015. Sono le cosiddette «Linee guida»: chi interviene, quando, in che modo. Pagine e pagine dicono come dovrebbero andare le cose. La realtà dice come non vanno.
«Notiamo uno stallo di tipo politico. Abbiamo chiesto un incontro con il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ma ad oggi manca la risposta.
Il tema delle malattie rare deve diventare una priorità regionale, dal momento che già dal 2009 è priorità della sanità pubblica a livello europeo. Non si può più rimandare». Parla con determinazione Riccarda Scaringella, avvocato e presidente di «A.Ma.Re» Puglia, la rete di associazioni pugliesi che si occupano di patologie rare nata a dicembre 2015. «Bisogna puntare – aggiunge – sulla formazione della classe medica e sull’informazione».
Gli strumenti non mancano, ma vengono messi poco in funzione. Nel 2000 è entrata in vigore la legislazione per lo sviluppo dei farmaci legati alle malattie rare, mentre nel 2001 l’Istituto superiore di sanità ha istituito il Registro nazionale delle malattie rare, che fa riferimento ai registri regionali e interregionali e in cui si riconoscono cinquecento patologie.
Un numero risicato rispetto alle circa seimila esistenti. Al Policlinico di Bari è attivo il Centro di assistenza e ricerca sovraziendale per le malattie rare. Il centralino risponde al numero verde 800 893434, però lo fa solamente per un’ora al giorno, dal lunedì al giovedì, dalle 12.30 alle 13.30.
Con la delibera 1695 del 2012, la giunta regionale ha dato avvio al sistema informativo delle malattie rare e sul sito www.sanita.puglia.it si può effettuare una ricerca dei centri che se ne occupano. La Giunta regionale, nel 2009, ha anche dato l’ok al «CoReMaR», il coordinamento regionale malattie rare, con compiti di informazione e di supporto a medici, associazioni e pazienti. L’Istituto superiore di sanità ha, invece, istituito il centro nazionale malattie rare, inserito nella rete nazionale dedicata, con compiti di ricerca, consulenza e documentazione. A livello europeo sono nate le «Erns – European reference networks for rare diseases», le cosiddette «reti di riferimento», che aiutano gli operatori sanitari e i centri di competenza dei diversi paesi a condividere le loro conoscenze.
Non basta, le lacune esistono e resistono. Nonostante leggi e strumenti, le persone affette da patologie rare si sentono disorientate, senza punti di riferimento, spesso abbandonate a se stesse e in balia di innumerevoli difficoltà. A sopperire alle carenze strutturali e di servizi sono le associazioni di malati rari. Ad Altamura esiste l’«A.Ma.R.A.M», che informa e supporta pazienti e famiglie in maniera costante e gratuita. «Servono volontari perché le richieste sono tante», sottolinea Filippo Berloco, presidente da luglio 2015. «Ci chiedono dove andare, cosa fare, a chi rivolgersi. Impossibile – aggiunge – quantificare il tempo necessario a seguire i diversi casi, anche perché molti arrivano a noi in situazioni di urgenza e sull’orlo della disperazione.
Stiamo pensando di iniziare a informare gli studenti delle scuole superiori dal prossimo anno». La federazione italiana che mette insieme le associazioni sparse sul territorio nazionale è «Uniamo». Quest’ultima collabora con «Eurordis», la federazione europea ideatrice della giornata internazionale delle malattie rare, che si celebra l’ultimo giorno di febbraio di ogni anno. Così l’argomento non resta nascosto nelle pieghe degli articoli di legge. Più recentemente, anche l’Organizzazione mondiale della sanità è intervenuta sul tema istituendo il Gruppo di consulenza, con il compito di garantire che tutte le malattie rare siano rappresentare nella revisione della classificazione internazionale.
Annamaria Colonna