Un ago nel pagliaio circa cinque casi ogni diecimila abitanti

LE DIFFICOLTÀ

Rare le malattie, troppe le difficoltà. Nonostante siano congenite, la diagnosi può arrivare

dopo anni. I medici le conoscono poco, nemmeno i manuali universitari ne parlano. Cinque casi ogni diecimila abitanti. L’ago nel pagliaio. Spesso la patologia è così rara che non basta una vita per identificarla.

Che cosa hai? Non lo so. Si resta nel limbo, si combatte quotidianamente con le probabilità.

Ci si arrangia con i propri mezzi, rincorrendo esami sempre più approfonditi e sempre più costosi. E poi ci sono le spese per raggiungere i medici e i centri specializzati, distribuiti in modo non omogeneo sul territorio nazionale, i costi di vitto e alloggio lontano da casa. Il più delle volte si sposta l’intera famiglia. Padre o madre scoprono di essere portatori della stessa patologia dopo averla riscontrata nei figli. Devono così sottoporsi anche loro a test genetici e ad analisi in altre regioni.

Le malattie rare risultano ereditarie nell’ottanta per cento dei casi. In tanti pazienti la diagnosi rimane incompiuta fino alla pubertà, quando viene notato uno sviluppo sessuale inadeguato o con le

indagini sulla sterilità. Capita che il medico riesca a riconoscere il problema reale quando il paziente

finisce sotto i ferri per altre ipotesi. La gravità e le caratteristiche di una stessa malattia rara variano da individuo ad individuo, fornendo una carrellata di storie sole e continuamente in ricerca. Pellegrinaggi e viaggi della speranza, fisici e virtuali, affamati di informazioni su terapie, assistenza e cure idonee sparse qua e là, quasi nascoste. Il territorio regionale fornisce servizi lacunosi, che risentono di carenze strutturali, soprattutto n e ll ’ambito della riabilitazione e della neuropsichiatria

infantile. Mancano ambulatori per le malattie rare dedicati, sia per gli adulti che per i bambini.

Nonostante il salto agli ostacoli, con una malattia rara si impara a convivere. Non c’è guarigione.

La paura di non essere accettati, di non poter avere una vita «normale», quella paura fa fatica a passare. Non è raro, per i malati rari, sbattere la testa contro le barriere umane, ma stabilire una tregua pacifica con la patologia fino ad assumerne il nome. Ci sono i «Gaucher», i «Klinefelter », le «Rokitansky», gli «Huntington». L’Istituto superiore di sanità elenca nel Registro nazionale delle malattie rare, istituito nel 2001, cinquecento patologie. Solamente per queste viene riconosciuto il diritto all’esenzione dalle spese per farmaci ed esami. E tutti gli altri, dato che nella realtà sono circa seimila le malattie rare? Tutti gli altri si arrangiano, finché riescono. Si indebitano. Vendono casa e chiedono mutui, quando possono. Per un medicinale si arrivano a spendere 20mila euro e più.

L’industria farmaceutica non ha interesse a produrre medicine per un numero ridotto di pazienti, come i «rari». L’impresa non vale la spesa. Allora anche i farmaci diventano rari e costano troppo. Spesso si utilizzano medicinali non ancora autorizzati, ma sottoposti a sperimentazione clinica. In mancanza di alternative valide, si punta sui cosiddetti farmaci «orfani» o «off label», cioè usati per indicazioni differenti da quelle previste dall’auto – rizzazione all’immissione in commercio. In Italia

ne sono in circolazione una settantina. Le difficoltà non risparmiano la scuola. Gli operatori dell’Azienda sanitaria locale non sempre riescono a fornire le giuste indicazioni per un percorso didattico a dimensione di bambino o ragazzo «raro», lasciando insegnanti e genitori «senza guida». E c’è la difficoltà a parlare di malattie rare, per mancanza di informazione o anche per un senso di vergogna partorito dai pregiudizi altrui.

Annamaria Colonna

Senza questa maledetta malattia

 

<<Ogni giorno devi essere solare>>. Con la sclerosi multipla non è facile. La storia di Michele Ninivaggi, classe ‘70, racconta la forza di un uomo, tra denuncia verso l’insensibilità della società, barriere architettoniche e l’amore di sua moglie. Non ha peli sulla lingua, Michele, come emerge dall’intervista. Il suo messaggio diventa un appello a chi vive la stessa realtà. << Non chiudetevi in casa – dice – perchè più si sta dentro e più si muore>>

Viverla è un’altra cosa….

La speranza di Elena e Tonino Bruno, alle prese con la più grande prova di vita che due genitori possano affrontare. Abbiamo girato in lungo e in largo senza arrenderci mai. L’affetto dei famigliari ha sostituito qualsiasi medicinale, rivelandosi la cura migliore, insieme alla fisioterapia. Rosanna, 43 anni,  affetta da tetra paresi spastica, è la protagonista di questa storia. La sua vita è una sfida, ma lei riesce ogni giorno a vincerla.

 

Neoplasie non comuni ogni anno duecento diagnosi

Rari anche i tumori, così frequenti negli ultimi tempi. Ogni anno in Puglia si contano duecento diagnosi di neoplasie non comuni. E l’Italia – secondo i dati dello studio «Rita» – tocca, sempre annualmente, la soglia di 60mila nuovi pazienti.

Nell’elenco delle malattie rare rientrano cancri e tumori se la loro incidenza oscilla tra le 3 e le 5 persone su 100mila.

La rarità della malattia rende la diagnosi complicata e lenta perché sono necessarie competenze particolari ed esami specifici. I medici, infatti, devono fare i conti con oltre settecento varianti di tumore raro e non sempre riconoscono una patologia con la quale hanno a che fare poche volte nella loro carriera professionale.

Nella battaglia contro il tumore, è risaputo, fondamentale diventa la tempestività. «Ho un angiosarcoma primitivo al seno, ma mi è stato scoperto solamente dopo due tentativi di operazione», racconta Teresa, 38 anni. «Prima – continua – sono stata sballottata da un ospedale all’altro, da un medico all’altro, ritrovandomi per un anno e mezzo di fronte a cinque diagnosi differenti, senza una guida sicura.

Inizialmente i dottori non avevano dato peso a delle macchioline sul seno sinistro perché erano molto piccole. In pochi mesi mi sono ritrovata una massa palpabile e visibile sulla mammella».

I tumori rari rappresentano per l’Org anizzazione mondiale della sanità e per l’Unione europea una delle priorità d’azione nell’ambito della sanità pubblica.

In Puglia risultano quelli a più alto flusso migratorio. Per cure e terapie i pazienti si rivolgono a centri specializzati fuori regione.

Nel 2011, a Bari, al «Giovanni Paolo II», venne inaugurato l’ambulatorio per i tumori rari «Maria Ruggeri», con l’obiettivo di accogliere pazienti affetti da tali patologie e di condurre ricerche e indagini su diagnosi e terapie. A livello nazionale,

l’Istituto nazionale per i tumori rari di Milano ha avviato, nel 1997, la Rete nazionale dedicata. Dal ministero della Salute sono stati destinati fondi per l’implementazione delle reti regionali. Per la Regione Puglia, nel 2012 e nel 2013, furono stanziati più

di un milione di euro, ma ad oggi – a distanza di quattro anni – queste risorse risultano ancora non disponibili.

Annamaria Colonna

NASCITA DELLA “RETE A.MA.RE” PUGLIA

Il 3 dicembre 2015, alle ore 16.00,presso la Sala Conferenze della Regione Puglia a Bari in Via Gentile n.52, si sono riunite le rappresentanze delle associazioni dei malati rari pugliesi per formalizzare ed istituire ufficialmente la “Rete A.Ma.Re– Puglia”, acronimo di  Associazioni Malattie Rare.

Le Malattie Rare sono rare, gravi, spesso incurabili ed invalidanti e colpiscono nella nostra regione oltre 16.000 persone, soprattutto bambini e giovani adulti, con conseguenze spesso drammatiche per le famiglie coinvolte per la difficoltà di avere una diagnosi, di trovare una terapia e una rete di servizi socio-sanitari ed assistenziali idonei.

Negli ultimi anni, le associazioni di Malati Rari operanti sul territorio

pugliese, hanno maturato una maggiore consapevolezza del proprio ruolo nei confronti dei propri associati e nei confronti della società civile grazie alla partecipazione agli eventi informativi e formativi organizzati dal Co.Re.Ma.R.- Puglia (Coordinamento Regionale Malattie Rare) di cui è Responsabile la dott.ssa Giuseppina.

Le associazioni di Malati Rari all’interno del Coordinamento Regionale, sin dalla sua costituzione,dopo un censimento, sono state riconosciute formalmente da ultimo nella Delibera di Giunta Regionale n. 158/2015 e rappresentate in questi anni dalla Presidente di UNIAMO – F.I.M.R (Federazione di Malati Rari che riunisce 93 associazioni a livello nazionale), lasig.ra Renza Barbon Galluppi, che ha riportato all’interno dei Tavoli di Lavoro regionali i bisogni e le necessità delle persone affette da malattie rare.

E proprio alla presenza della sig.ra Renza Barbon Galluppi, oggi Presidente onorario di UNIAMO – F.I.M.R , in qualità di‘madrina’, che 14 Associazioni di Malattie Rare pugliesi hanno formalizzato legalmente la “Rete A.Ma.Re Puglia”, accordo frutto di un percorso condiviso, durato diversi mesi, in cui le stesse hanno identificato gli obiettivi comuni a tutte da realizzare attraverso una collaborazione, sinergia e scambio di competenze al fine di migliorare la qualità di vita delle persone affette da una malattia rara. Le Associazioni che hanno aderito alla”Rete” sono le seguenti:

1. Ass. “Rete Malattie Rare” Onlus

2. Ass. It. Sindrome X Fragile Onlus  -Sezione Puglia

3. CIDP Italia Onlus – Ass. Italiana dei Pazienti di Polineuropatia Cronica Infiammatoria Demielinizzante  

4. Ass. APMAR Onlus – Ass. Persone con Malattie Reumatiche   

5. Ass. A.B.C.E. Onlus – Ass. Bambini Coagulopatici ed Emofilici   

6. Ass. A.Ma.R.A.M. Onlus – Ass. Malattie Rare dell’Alta Murgia  

7. A.I.F.P. – Ass. Italiana Febbri Periodiche   

8. Ass. Pugliese Retinite Pigmentosa

9. “Vite da colorare “ Onlus -Associazione Jonica Malattie Rare e Neurologiche Gravi

10. A.I.M.N.R. Onlus (Ass. It. Malattie Neurologiche Rare)

11. U.I.L.D.M – Sez. Provinciale di Bari- Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

12. A.N.A.C.C  – Ass. Naz. Angioma Cavernoso Cerebrale

13. MITOCON Onlus – Insieme per lo studio e la cura delle Malattie Mitocondriali

14. A.I.D.Kartegener Onlus -Ass.It Discinesia Ciliare Primaria – Sindrome di Kartegener

Il valore aggiunto di questa aggregazione è quello di proporsi come una compagine compatta nei confronti della società civile e delle Istituzioni per offrire la propria collaborazione ad operare scelte consapevoli, razionali e mirate che siano basate sui reali bisogni delle persone e famiglie colpite da una malattia rara e che possono essere riassunti in quattro punti fondamentali:

1. migliore accessibilità per i M.R. ai servizi del sistema sanitario regionale;

2. elevazione del livello qualitativo dei servizi offerti ai M.R.;

3. divulgazione dell’informazione e sensibilizzazione sul tema delle malattie rare;

4. formulazione di proposte e partecipazione ai processi decisionali nell’ambito delle politiche socio-sanitarie.

Anche se consapevoli delle difficoltà e degli ostacoli da superare nei compiti da assolvere nell’imminente futuro, a conclusione dell’incontro, tra i presenti e all’unisono si è alzata un’unica voce “Uniti ce la faremo!”

 

L’appetito vien scrivendo

Se fossi un coniglio, come vorresti la tua pizza? Inizieresti a ricercare nelle tue preferenze, sicuramente. Il dolcissimo animale dalle orecchie lunghe ordinerebbe una pizza rara, in cui l’ingrediente principale è proprio la carota. I ‹‹giornalisti›› A.Ma.R.A.M., come è solito alla conclusione di un corso, hanno passato una serata insieme davanti ad una pizza. Poi l’idea di inventare una pizza nuova, diversa, rara. Penna alla mano, tovaglietta improvvisata a taccuino, idee e fantasia hanno partorito una pizza nuova e gustosa. La pizza A.Ma.R.A.M. ha una base bianca con pomodorini rossi, stracciatella, funghi, carciofi e carote alla julienne. Le carote, tagliate e condite con limone e posizionate dopo cottura, colorano la pizza. Questa creazione tutta A.Ma.R.A.M. sarà inserita nel menù della pizzeria altamurana ‹‹Il panettiere delle Antiche Mura›› sito in via Mura Megalitiche 55. Vincenzo Dambrosio, titolare dell’attività, consiglia la pizza a tutti i suoi clienti e conferma l’ottima scelta negli abbinamenti dei giornalisti-coniglio.

Martina Macella

 

Vita di un diversamente medico

«Dedicarsi ad altro serve a stemperare tensioni» afferma Antonio Laselva. Medico santermano 36enne, attualmente impegnato presso la guardia medica ad Altamura, riesce a conciliare la sua professione con numerose passioni. La fotografia, la speleologia – unita all’ambito sanitario nel soccorso speleologico, esperienza durata tre anni – e l’archeologia fanno parte di una quotidianità intensa. Obiettivo è non smettere mai di conoscere. Il dott. Laselva trova il tempo per coltivarle tutte, le passioni che nutre. Collabora con il presidente dell’A.B.M.C. – Archivio Biblioteca Museo Civico – dott.ssa Elena Saponaro, ora anche direttore dei musei archeologici di Altamura e Ruvo. Si batte per preservare le zone rupestri del territorio, gli affreschi, per tutelare i musei. Nella sua vita da «diversamente medico», come egli stesso si definisce, porta avanti delle missioni di studio relative sempre all’ambito rupestre, come quella in Cappadocia nel 2011. Ricopre il ruolo di presidente dell’archeoclub «Don Ignazio Fraccalvieri» di Santeramo in Colle, associazione con la quale ha ridato luce e vita alla grotta carsica di Sant’Angelo, a quattro chilometri da Santeramo, sulla strada per Altamura. Durante un’intervista presso la sede dell’associazione A.Ma.R.A.M.(Associazione Malattie Rare dell’Alta Murgia), da lui gentilmente concessa, il dott. Laselva, con grande soddisfazione, ha parlato del ruolo del medico di famiglia, un ruolo ormai mutato. In particolare si è soffermato sul rapporto medico-paziente, che dovrebbe essere caratterizzato dal connubio di umanità, psiche e coraggio. Non è facile, infatti, dire al paziente della sua patologia. Occorrerebbe approcciarsi a lui come farebbe un padre con un figlio, in maniera semplice, ma diretta. È diritto del paziente conoscere la propria patologia. Egli sostiene che, a causa di un numero elevato di utenti, il rapporto medico-paziente non è più caratterizzato dalla confidenza necessaria a rassicurare quest’ultimo. Si tratta di un rapporto diverso, più distaccato e freddo. La testimonianza del dott. Laselva è stata un esempio di umanità e di grande professionalità. Egli ci ha consigliato di creare un sito internet efficiente, che funga da supporto e che tenga aggiornato costantemente chi vive una qualsiasi patologia.

Gina Clemente

Il giornalismo raccontato da un Giornalista

L’esperienza di Onofrio Bruno

Giornalismo a 360 gradi. Ascoltare la testimonianza di Onofrio Bruno, nel settore da anni, significa ricostruire un lungo pezzo di storia della città. Cronaca, politica, attualità e sport e chi più ne ha più ne metta. Attualmente impegnato con «La Gazzetta del Mezzogiorno» e direttore dell’emittente televisiva «Teleappula», Bruno si è raccontato al gruppo di giornalismo «A.Ma.R.A.M.» ricordando gli albori del suo affascinante viaggio nel mestiere. Di pezzi ne ha scritti a migliaia, ascoltando storie e testimonianze. Più volte il giornalista ha messo l’accento sull’importanza del «guardare con i propri occhi per scrivere». Dietro ogni articolo c’è un lungo lavoro di raccolta di dati e di verifica che non può prescindere dall’osservazione dei fatti.

Altro punto su cui Bruno ha insistito è la capacità di sintesi del giornalista. Bisogna catturare per pochi minuti l’attenzione del lettore, che spesso non ha che il «tempo di un caffè». Addirittura con i mezzi odierni ed internet può passare alla conclusione del pezzo senza conoscere l’inizio e il «durante». Insomma, quello del giornalista è un mestiere bello, ma che richiede spirito di sacrificio e un’etica che non sempre viene rispettata. Il giornalismo ha delle regole non scritte che sta a chi è del mestiere decidere se rispettare o meno. Penna e inchiostro posso infangare, ledere sensibilità, deformare, ingigantire o semplicemente raccontare i fatti così come stanno. Ed è questo ciò che il Giornalista deve fare. Raccontare i fatti, verificarli, approfondire, ricercare, ascoltare.

La chiacchierata con Onofrio Bruno ci ha reso più consapevoli del «dietro le quinte» di un articolo di giornale. Un sabato pomeriggio trascorso ad imparare dalle parole di chi continua a scrivere un pezzo di storia del Giornalismo cittadino. A lui il nostro grazie.

Francesca Lorusso